Elan Enterprise
di Marco Gastreghini

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ENTERPRISE: LO SFORTUNATO COMPUTER INGLESE DAI MILLE NOMI


Era l’inizio dell’autunno del 1982 ed io, molto probabilmente, stavo leggendo alacremente tutte le riviste di computer e videogiochi che trovavo, per capire quale home computer avrei chiesto a mio padre in regalo. Inoltre, di lì a poco, sarebbero iniziati i cosiddetti “flame” tra compagni di scuola su quale fosse il miglior computer casalingo tra lo ZX Spectrum e il Commodore 64.



Fig.1 - Sinclair ZX Spectrum

Alla fine optai per il mitico e “gommoso” computer della Sinclair ma, sinceramente, non ricordo quale parametro mi avesse fatto propendere per la piccola macchina di sir Clive, anche se ho la vaga impressione che fosse per il prezzo: lo Speccy costava meno del C64 e sembrava anche più familiare. Ma forse sono solo sensazioni dell’infanzia, in fondo avevo solo 13 anni.

Giusta o sbagliata che fosse tale scelta, in effetti, in quel periodo il mercato dell’informatica era in forte espansione ed anche i ragazzini inglesi, come me, erano impazziti per gli home computer, avendo anche la fortuna di avere in patria molte società di hardware e di software che avevano sfornato sul mercato dei prodotti eccellenti e molto apprezzati, come ad esempio il BBC Micro o il Dragon 32.

Un misterioso finanziatore

Però anche qualcun altro si era accorto che la torta del mercato dell’informatica era grande e succulenta e che la Sinclair, ad esempio, stava guadagnando un mucchio di soldi su questo business. Nel caso specifico di questa storia entra in gioco una finanziaria assicurativa di Hong-Kong, Locumals Ltd, con una base a Londra. Tale compagnia all’inizio voleva rimanere nell’ombra anche per la stampa specializzata tanto che, ad esempio, sulla rivista Popular Computing Weekly di Settembre 1983, veniva definita come un ‘misterioso consorzio finanziario internazionale’. La Locumals si convinse a finanziare due società londinesi del settore per progettare e immettere sul mercato un computer che avrebbe sbaragliato la concorrenza e portato guadagni considerevoli.

La prima era una società che apparentemente, dal nome stesso, era più orientata al software e si chiamava Intelligent Software, mentre la seconda era una società di trading anglo-indiana con sede a Londra denominata Domicrest Ltd. I manager di queste due società in effetti già si conoscevano perché giocavano insieme a squash e furono ispirati a perseguire il progetto proprio dal lancio di successo dello ZX Spectrum avvenuto nell’aprile 1982.

Il re degli scacchi

Il biglietto da visita della Intelligent Software era di tutto rispetto. Fondata nel 1981 da David Levy, campione di scacchi internazionale, e da Kevin O’Connell, esperto di scacchi che aveva scritto svariati libri e saggi sul tema, era conosciuta in particolare per il programma Cyrus IS Chess (scritto da Richard Lang) per il gioco degli scacchi su computer.



Fig.2 - David Levy

Inoltre, a dispetto del suo nome, l’azienda non si era fermata al solo software, ma aveva anche creato, a livello hardware, microcomputer che giocavano a scacchi, come ad esempio SciSys Chess Champion Mk3 e Mark 5 Chess Champion, sistemi in grado di stracciare il supercomputer Cray nelle partite a scacchi svolte nell’ambito delle gare internazionali tra computer.
Da non dimenticare anche La Regence, un calcolatore di gioco scacchistico implementato con un processore Z80A a 4 Mhz e dotato di 1KB di RAM e 12KB di ROM.



Fig.3 - David Levy

Da notare anche la presenza di un brillante direttore tecnico, Robert Madge, che si era distinto in un precedente progetto di un PDA (Personal Data Assistant) ed aveva mostrato tutta la sua capacità tecnica, creativa e geniale.



Fig.4 - Robert Madge

Le basi per partire con il nuovo computer c’erano tutte ed il nuovo progetto, denominato Enterprise, iniziò seriamente nell'ottobre 1982 con il bizzarro nome in codice ‘Damp Proof Course’, apparentemente inteso a non far capire il suo reale scopo a chiunque volesse fare dello spionaggio industriale. La maggior parte della documentazione iniziale del progetto era segnata semplicemente come DPC.

Il miglior computer sul mercato

Per motivi amministrativi e di marketing, di lì a poco fu fondata una nuova compagnia che univa nel direttivo i manager di Intelligent Software (David Levy, Robert Madge e Kevin O’Connell) e di Domicrest (Deepak Mirpuri e Mohan Lal Mirpuri), e fu scelto il nome di Samurai, sia come denominazione della società che del computer che da questa doveva essere prodotto e immesso sul mercato. E da qui iniziò il lungo calvario dei tanti nomi del computer, come risulterà più chiaro in seguito.



Fig.5 - pubblicità di lancio Samurai

La parte di ricerca e sviluppo fu assegnata alla Intelligent Software ed il team fu ampliato di oltre 20 persone, tra cui dei veri talenti acquisiti dal serbatoio di geni dell’informatica inglese degli anni ‘80. Madge voleva produrre il miglior home computer sul mercato e si rese subito conto che non poteva ridursi a creare semplicemente un rivale dello ZX Spectrum, altrimenti avrebbe fatto la stessa fine dell’Oric, altro computer inglese che purtroppo non aveva trovato il successo sperato. Quindi non aveva scelta, il computer doveva necessariamente avere la grafica ed il suono migliori rispetto a tutti gli altri e capì che l’unico modo per averli era di creare dei chip ASIC (Application Specific Integrated Circuit) dedicati a tale scopo.



Fig.6 - chip ASIC Nick e Dave

Nick Toop fu chiamato a progettare il chip video che molto fantasiosamente venne denominato ‘Nick’. Toop era stato studente di buchi neri alla Cambridge University ed era già noto nel mondo dell’informatica anglosassone per aver lavorato con Sinclair prima e con Acorn dopo: partecipò anche alla realizzazione del famoso computer Acorn Atom. Nick aveva sviluppato anche la macchina per scacchi La Regence, citata precedentemente, ed aveva lavorato molto sui processori Z80, quindi Madge, in previsione di implementare anche il CP/M sul nuovo computer, dovette optare obbligatoriamente per una memoria RAM di almeno 64KB.



Fig.7 - Nick Toop

Dave Woodfield progettò invece il chip sonoro e, continuando a mantenere il livello di fantasia nelle denominazioni, il circuito integrato fu chiamato ‘Dave’. Woodfield era stimato per aver creato un “Micromouse”, denominato Thumper, vincitore della competizione nazionale del 1981 a Wembley. Si trattava di un piccolo veicolo robotizzato che non aveva niente a che vedere con gli attuali dispositivi di puntamento per computer, ma era simile ad una tartaruga, che doveva trovare autonomamente l’uscita partendo dal centro di un labirinto. Dave nel progetto Enterprise si occupò anche del gestore della memoria, del clock di sistema ad 1MHz, del sistema di interrupt e del circuito di reset.



Fig.8 - Dave Woodfield con il suo Thumper

Un design futuristico

A questo punto non rimaneva che la parte di design del case e furono contattati 3 team esterni a cui fu chiesto di presentare la loro visione di un nuovo computer innovativo. A questa gara parteciparono anche due designer che erano nuovi a questo tipo di oggetti industriali, ma che erano molto interessati a creare un design innovativo per un nuovo computer: Geoff Hollington e Nick Oakley.

    

Fig.9 e Fig.10 - Geoff Hollington e Nick Oakley

L’idea dei designer era quella di creare un computer da salotto che fosse desiderabile anche da persone non esperte di computer e di tecnologia. Sembra inoltre che nel creare la tastiera del nuovo computer si siano ispirati allo stile delle macchine da scrivere elettroniche della italianissima Olivetti. Il loro progetto fu scelto e si partì con il disegno tecnico e la creazione degli stampi.

In realtà la prima stesura del progetto prevedeva un computer a due toni di grigio con i tasti anch’essi in grigio scuro e grigio chiaro a seconda della funzione, oltre all’unico tasto giallo di STOP. Furono necessarie anche delle ulteriori modifiche rispetto al progetto originale perché il case era troppo complesso e dovette essere creato a pezzi da più ditte. Ovviamente le parti non combaciavano perfettamente e furono modificate a mano per farle stare correttamente insieme. Inoltre il dissipatore era interno, ma si temeva che avrebbe danneggiato il case in plastica, quindi fu spostato verso l’esterno in alto a sinistra, aggiungendo delle apposite feritoie di raffreddamento.



Fig.11 - design iniziale Enterprise

Uno, nessuno e centomila

Gli ingredienti c’erano tutti e la squadra di talenti era stata scelta oculatamente, ma da qui iniziarono i guai. Il nome Samurai, che era stato scelto anche per omaggiare l’investitore asiatico, era già stato preso dalla Micro Networks per commercializzare un kit della Hitachi con tanto di pubblicità sulle riviste di settore. Nonostante non risultasse alcuna effettiva registrazione del marchio Samurai presso l’ufficio inglese che manteneva il database dei marchi, tranne quella della famosa ditta italiana di stuzzicadenti, il management di Enterprise, per evitare qualsiasi tipo di problema giuridico, decise di cambiare il nome della società e soprattutto del computer.



Fig.12 - pubblicità Micro Networks

E da qui iniziò un lungo calvario di modifiche del nome. Si passò da un patetico Oscar, che durò ovviamente pochissimo, per lasciare il posto ad un più elegante Elan. Ed il nome non era l’unica cosa che nel frattempo veniva cambiata in corso d’opera. Il graphics designer che doveva creare il marchio Elan Enterprise, la grafica dei manuali e tutti gli opuscoli a corredo, li ideò con uno schema di colori a tinte primarie su sfondo nero, verosimilmente basandosi su quello che aveva fatto la Sinclair sullo ZX Spectum. Molto probabilmente il grafico suggerì a Robert Madge che forse il computer avrebbe dovuto adottare lo stesso schema cromatico per un discorso di coerenza del marchio, e, a prescindere da dove venne l'idea, la decisione fu presa e fu presto ufficializzata. Fu così che il nuovo computer, ora battezzato Elan Enterprise, divenne completamente nero e con i tasti funzione colorati di rosso, blu e verde, con grande ira del designer ollington. Si vocifera che Alan Sugar, fondatore della Amstrad, avesse visto i progetti dell’Elan Enterprise prima del suo lancio ed avesse preso ispirazione dal colore dei tasti per adottarlo sul suo CPC 464, tra l’altro uscito prima dell’Enterprise stesso.



Fig.13 - Elan Enterprise

Con un nuovo nome scelto e lo sviluppo sia dell'hardware che del software che procedevano a ritmo serrato, si decise di lanciare il nuovo computer. Elan iniziò a informare la stampa nell'agosto 1983, sottolineando in particolare il background di David Levy come campione di scacchi e quindi le capacità intellettuali del software di Intelligent Software. Forse Levy ed i suoi soci speravano anche di rovinare il lancio, a lungo ritardato, dell'Acorn Electron, avvenuto quello stesso mese.

Un’astronave chiamata Enterprise

A Settembre l’Enterprise fu presentato ufficialmente ad un evento pubblico nelle due versioni che, nel frattempo, erano state decise: una da 64KB di RAM (Enterprise 64), come già accennato, ed una da 128KB di RAM (Enterprise 128). Entrambi erano dotati di processore Z80A a 4MHz con 32KB di ROM per il sistema operativo (EXOS) ed un programma di word processor integrato. La memoria poteva essere estesa fino a quasi 4MB, ma solo tramite moduli esterni aggiuntivi che sarebbero presto arrivati dopo l’uscita delle prime macchine.



Fig.14 - scheda madre Enterprise 64

Il chip video Nick poteva fornire fino a 256 colori con delle configurazioni di schermo testuale che partivano da 42x48 caratteri fino ad arrivare a 84x28, entrambi con 4 coppie di colori in foreground e background scelti dall’intera palette. Lo schermo grafico poteva arrivare alla ragguardevole risoluzione di 672x256 punti, anche se la possibilità di scelta del numero dei colori contemporanei si abbassava drasticamente: a tale risoluzione massima la scelta dei colori sulle linee orizzontali si riduceva a 2 soltanto. Peccato che per la complessità del chip non fu possibile inserire gli sprite, lasciandoli fuori a favore della grafica ad alta risoluione. Sarebbero stati inseriti più avanti tramite una cartuccia di add-on.

Il chip audio Dave non era da meno e forniva un output stereo su 4 canali simultaneamente, di cui uno del rumore, e utilizzava 8 ottave. Purtroppo il sonoro passava per il semplice speaker interno, come lo Spectrum, e per sfruttare al massimo queste caratteristiche audio occorreva passare per la presa Audio Out del registratore. In pratica si collegava il computer ad un amplificatore Hi-Fi tramite il jack di uscita audio da 3.5mm.
L’Entrerprise aveva anche molte altre porte per le periferiche: 2 porte joystick (non-standard), una parallela Centronics per la stampante, una Seriale RS232 che fungeva anche da Network con il protocollo RS423, 2 interfacce per registratore, una per il monitor e la classica interfaccia RF per collegare un televisore. In effetti per l’epoca era veramente ben dotato. Su una rivista di settore uscirono anche delle tabelle comparative con gli altri computer coevi, che mettevano a confronto le caratteristiche di ROM, tastiera e capacità sonore. I due modelli Elan Enterprise spiccavano su tutti battendo la concorrenza alla grande su tutti i fronti.



Tab.1 - Suono comparato



Tab.2 - ROM e tastiera comparati

Ai lati erano presenti anche due connettori molto interessanti, sulla sinistra si potevano inserire delle cartdrige con ROM da 64KB e sulla destra era presente un’apertura con un pettine a 64 pin direttamente ricavato dalla scheda madre per le espansioni del sistema. L’azienda aveva già previsto interessanti periferiche per l’Enterprise che potevano sfruttare quel connettore: floppy da 3.5”, moduli di memoria aggiuntiva e molto altro ancora. D’altronde il motto della società, con cui fu lanciato il computer, era: “With obsolescence built out”. Mai un motto fu più portatore di sventure di questo e si ritorse presto contro il suo creatore come una maledizione.



Fig. 15 - pubblicità Enterprise

Il BASIC che non era di zio Bill

La Elan fece anche un’altra scelta in controtendenza rispetto agli altri home computer del momento, lasciò l’interprete Basic al di fuori della ROM e lo produsse su cartuccia da inserire nell’apposito slot in caso di utilizzo. Tale scelta doveva essere stata presa per permettere all’utilizzatore di cambiare linguaggio a seconda delle necessità, passando ad esempio dal FORTH per arrivare al LISP. Ma la cosa che fu veramente degna di nota era che si decise di non acquistare il BASIC in licenza dalla Microsoft, come avevano fatto la stragrande maggioranza degli altri costruttori, ma il team di sviluppo scelse di scrivere un proprio interprete da zero per implementare lo standard ANSI (American National Standards Institute) BASIC. Venne fuori un linguaggio molto potente e strutturato, che seguiva le specifiche dello standard ANSI e che soprattutto poteva sfruttare al massimo le potenzialità dei chip custom e gestire tutta la memoria della macchina integrandosi perfettamente con il sistema operativo EXOS (Enterprise eXpanadable Operating System) per gestire tutti i canali di I/O e le periferiche.



Fig. 16 - esempio di programma BASIC

Occorre dire che l’alta precisione in virgola mobile non deponeva a favore della velocità, ma l’interprete era molto evoluto e la società aveva già in cantiere dei tool per convertire i programmi scritti con il BBC Basic. Insomma, con tutti i presupposti di potenza grafica e sonora a livello chip custom, un sistema operativo completamente nuovo e potente ed un interprete BASIC mai visto prima sul mercato degli home computer, l’Enterprise avrebbe dovuto in breve tempo disintegrare la concorrenza e conquistare il mercato britannico e successivamente quello mondiale. Purtroppo la storia non andò come previsto. Il direttore tecnico e tutto lo staff del laboratorio di ricerca e sviluppo si resero conto ben presto che riprogettare da zero un chip ASIC non era una passeggiata (figuriamoci due) e se si aggiungeva anche la riscrittura completa di un interprete BASIC che li doveva anche pilotare, la questione diveniva ancora più complicata e di difficoltà esponenziale.



Fig. 17 - Team di sviluppo Intelligent Software

Il tempo passava ed i problemi di realizzazione del computer si moltiplicavano. La dirigenza della Elan Enterprise iniziò a presentarsi agli eventi di settore senza avere software nuovo da mostrare o addirittura con prototipi al limite del funzionamento. Tanto per fare un esempio, Hollington e Oakley, all’atto della presentazione ufficiale del computer, lavorarono per tre giorni di fila ad incollare sotto ai tasti le membrane di gomma prese da un interfono poiché la membrana dell’Enterprise aveva avuto problemi di produzione e non era ancora pronta. Il tempo passava e l’uscita del computer nei negozi veniva rinviata continuamente.

La maledizione del nome

A dare un altro duro colpo alla società fu un secondo tragico errore con la denominazione del computer: si scoprì che anche il nome Elan era stato registrato da un’altra compagnia sia in UK che in USA: Elan Digital Systems di Crawley (West Sussex), che, ovviamente, inviò un’ingiunzione alla Elan Enterprise per cambiare il suo nome. Ma ormai era tutto pronto con il marchio Elan, ed in un ultimo disperato tentativo di salvare il salvabile, risparmiando su tutto il materiale già creato con questa denominazione, si pensò di eliminare una stanghetta al di sotto della ‘E’ trasformando il nuovo computer in Flan. Ovviamente questa seconda modifica al nome non passò inosservata a tutto il mercato dell’IT di metà anni ‘80 e la compagnia ed il suo computer divennero, per un breve periodo, lo zimbello di tutte le riviste inglesi del settore.



Fig. 18 - Flan Computers

A questo punto la società si rinominò semplicemente Enterprise Computers e nel frattempo Intelligent Software continuava a sviluppare il sistema operativo EXOS, aggiungendo anche un sistema operativo DOS denominato EXDOS e migliorando IS-BASIC (l’originale ANSI BASIC scritto direttamente dagli sviluppatori della Intelligent Software).

Chi ha tempo non aspetti tempo

A causa degli enormi costi di sviluppo del SW, la società fu anche costretta ad aumentare il costo del prodotto che per un Enterprise 64 passava dalle iniziali 199£ fino a 228.95£, mentre l’Enterprise 128 non sarebbe arrivato prima del 1985. Ed in questa disgraziata situazione si arrivò al Settembre 1984, oltre un anno dopo il lancio iniziale.



Fig. 19 - pubblicità lancio Enterprise

In seguito il management della società fu costretto ad informare i distributori partner che il computer Enterprise non sarebbe stato pronto prima di Febbraio 1985, saltando anche il momento strategico del Natale 1984. Per mantenersi buoni i distributori fecero uscire solo un esiguo numero di computer, ma erano chiaramente macchine di pre-produzione, buone solo per recensori di riviste di informatica e per sviluppatori di software. Nel frattempo la Enterprise Computers, peggiorando la pur disastrosa situazione, aveva anche cambiato l’impianto di produzione passando dalla Welwyn Electronics di Tyneside alla GRI Electronics, con stabilimento a Perth, in Scozia. Il presidente di Enterprise promise di immettere, agli inizi del 1985, sul mercato inglese almeno 150.000 macchine e altrettante 100.000 sugli altri 20 mercati internazionali in cui la società aveva preso accordi con distributori chiave.

Pubblicità progresso

I piani prevedevano anche una campagna promozionale di marketing molto aggressiva che avrebbe portato ad una spesa di oltre 500.000£ nel solo primo trimestre del 1985. Fu commissionato un video pubblicitario per la TV alla Aardman Animations, la stessa società che aveva prodotto il video musicale ‘Sledgehammer’ di Peter Gabriel e il film di animazione ‘Wallace and Gromit’. La voce nel video fu prestata dal famoso Matt "Max Headroom" Frewer. Senza contare le inserzioni a colori su doppia pagina piena nelle riviste specializzate di informatica. Si stima che in tutto il 1985 siano stati spesi oltre 2 milioni di sterline per la pubblicità.



Fig. 20 - pubblicità a colori

Tutto questo massivo sforzo pubblicitario non bastò a coprire la tremenda falla della mancanza di software a corredo del computer, generata dal micidiale ritardo nella distribuzione della macchina agli sviluppatori. All’uscita dell’Enterprise 64 c’erano solo 4 cassette con dei giochi, oltretutto scritti in BASIC e non in linguaggio macchina. La società si affrettò a promettere di nuovo l’uscita a breve di software prodotto dalla Intelligent Software che avrebbe incluso Assembler/Disassembler, linguaggi LISP e FORTH, oltre che, ovviamente, un nuovo programma di scacchi.



Fig. 21 - cassetta dimostrativa

Recensioni al vetriolo

Le prime recensioni basate sui sistemi di pre-produzione, inviati ai giornalisti delle maggiori testate di settore, non furono delle migliori. L’Enterprise fu criticato su vari fronti: il case troppo colorato e futuristico, troppe viti per smontarlo (14!), e la tastiera troppo simile alla già molto criticata tastiera del Sinclair QL. Anche il BASIC non fu esente da critiche per la sua complessità e lunghezza dei comandi che non permettevano neanche delle abbreviazioni. Uno dei punti a favore di questa modalità era che i programmi diventavano perfettamente leggibili a chi voleva dare una sbirciatina al codice. Il BASIC era comunque molto potente e strutturato e se ne accorsero subito anche i giornalisti esperti di recensioni. Si poteva gestire grafica ed audio in maniera diretta, ridefinire il set di caratteri e far girare simultaneamente in memoria più programmi BASIC ognuno con le proprie variabili locali e passando parametri da un programma all’altro. Inoltre il chip grafico permetteva l’uso di finestre multiple a schermo e gestibili in maniera autonoma. Contando anche un buon sistema di ri-numerazione del codice, l’Enterprise si rivelava come una perfetta macchina per la programmazione.

Tutto molto bello ed eccitante, ma...troppo tardi. L’Enterprise, se fosse uscito nei tempi in cui era stato annunciato, sarebbe stato avanti di alcuni anni rispetto agli altri competitors nel mondo degli home computer. Ma ormai sul mercato c’erano rivali come Sinclair QL, Amstrad CPC, MSX, Commodore 128 e soprattutto Atari ST. Gli avversari non erano più lo Spectrum o il Commodore 64 ed in questo nuovo contesto l’Enterprise non aveva scampo.



Fig. 22 - grafica comparata

Nemmeno la riduzione del prezzo di mercato, portato a 180£ per l’Enterprise 64 ed a 250£ per l’Enterprise 128, riuscì a far vendere di più il computer ed a salvare la società. Purtroppo ormai la situazione di mercato era compromessa ed un grande distributore (Terry Blood Distribution) decise di smettere la distribuzione dell’Enterprise entro la fine dell’anno. Fu il colpo di grazia.

Ci fu un ultimo disperato tentativo nel 1986 di convincere il grosso rivenditore Dixons a commercializzare un computer specializzato in word processing, alternativo all’Amstrad PCW8256, chiamato PC360. Ma senza successo perché il chairman di Enteprise Computers, Lachu Mahtani, non volle abbassare ulteriormente il prezzo per renderlo ancora più aggressivo sul mercato. Nei laboratori della Enterprise c’era anche in cantiere un successore CP/M del 128, che però non vide mai la luce: nome in codice Vulcan. Nonostante ciò l’azienda venne liquidata con un ammontare esorbitante di debiti di 8 milioni di sterline.

La nuova vita ungherese

Tutto ciò accadde nel Regno Unito, ma, sorprendentemente, il partner in Germania continuò a vendere le macchine, le periferiche ed il software fino agli inizi degli anni ‘90. Si stima che, nonostante i grandi piani dell’azienda e le pompose dichiarazioni dei portavoce, siano state prodotte complessivamente dalla Enterprise Computers solo 70.000 unità, di cui la maggior parte nella configurazione a 128KB.

Di queste settantamila unità, 20.000 vennero esportate in Ungheria e da lì iniziò negli anni ‘90 una rinascita di questo marchio, grazie anche ad una vasta schiera di appassionati che si era dovuta arrangiare da sola per mancanza di HW e SW. I ragazzi ungheresi crearono delle comunità di entusiasti hobbysti che iniziarono a procurarsi in maniera autonoma ciò che gli serviva per l’Enterprise, costruendosi hardware ad-hoc, sviluppando tool e giochi, soprattutto tramite porting da Spectrum e CPC464, e producendo centinaia di altre cose per il loro fantastico computer inglese che apprezzavano tantissimo per la grande qualità progettuale e per l’adattabilità allo spirito hacker magiaro.



Fig. 23 - interfaccia mouse

Devo dire di essere stato sinceramente colpito dall’entusiasmo di questa community e soprattutto dalla quantità di cose prodotte durante questi anni e che ancora continuano ad uscire per l’Enterprise, non ultime le produzioni sulla Demo Scene.



Fig. 24 - Demo Scene 1



Fig. 25 - Demo Scene 1

Ho chiesto personalmente aiuto al gruppo ungherese ‘Enterprise Forever’ ed un suo membro mi ha costruito da zero, con una stampante 3D a polimeri, il cappuccio del joystick integrato di un Enterprise 128 acquistato da me, come prevedibile, da un venditore sempre ungherese. A parte la perfezione del pezzo che è praticamente da fabbrica, la cosa più sorprendente è il colore rigorosamente grigio scuro, visto che si tratta di un 128, indistinguibile da un cappuccio originale Enterprise.



Fig. 26 - cappuccio ricostruito con stampante 3D


Enterprise in Italia

In Italia non credo sia mai stato venduto un computer Enterprise, anche se in un vecchio documento contenente la lista dei Distributori sparsi nel mondo c’era anche l’indicazione del rivenditore italiano con i relativi riferimenti e, addirittura, i nominativi di contatto:

LV SRL
via Matteotti 66
20092 Cinisello Balsamo
Milan

Chissà, magari 35 anni fa qualcuno in Italia ha comprato un fantastico modello Enterprise ed ha provato l’ebrezza di programmare un sistema inglese con grandi potenzialità che poteva diventare una leggenda dell’informatica degli anni ‘80. Ma la storia è andata diversamente ed ora rimane solo uno dei tanti progetti geniali e coraggiosi che non hanno mai trovato il successo che forse meritavano.





Note del Redattore

Marco è fatto così.

Oltre ad avere l'insana passione di salvare vecchi computer dall'oblio e dalla distruzione, si appassiona alla loro storia, come se ricordare quello che ha portato alla loro nascita, al loro quotidiano uso ed al loro successivo accantonamento, potesse di nuovo donare loro nuova linfa vitale, dargli di nuovo un amichevole nome ed accoglierli finalmente, nella loro nuova dimora, accompagnati da una famiglia serena e felice e da tanto buon vino marchigiano.

Di seguito le immagini dell'Elan recuperato da Marco ed il link al documento originale edito da Marco.












La storia di Elan Enterprise, il computer dai mille nomi - versione pdf



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