
Ci sono momenti della Vita che arrivano all'improvviso e ti lasciano li,
inizialmente inerme e poi in difficoltà a cercare di capire come mettere a
posto le cose, se sei così fortunato da poterlo fare.
Nel secondo anno pandemico mi sono ritrovato, per motivi personali, ad
avere le difese immunitarie al lumicino.
Inutile dire che il famoso virus ha trovato strada facile per insinuarsi e
fare il suo lavoro.
Nel frattempo tutto quello che poteva andare storto lo ha fatto,
incomprensioni con il dottore di base, il sistema sanitario nazionale allo
sfascio più completo, medicine che erano sbagliate, il panico della moglie
che abbatteva tutte le sue convinzioni precedenti pur di avermi accanto a
se, l'intervento tardivo del gruppo terapie familiari (e in primis grazie a
loro che comunque lo sto raccontando) insomma, uno schifo.
Mi sono preso una bella polmonite interstiziale bilaterale, le cose
o le fai per bene o non c'è gusto.
Alla fine ho deciso di farmi ricoverare solo perché perdevo peso e non
mangiavo, non avevo nessun sintomo riconducibile a qualche guasto alle vie
respiratorie, semplicemente non mangiavo e perdevo peso, argomentazioni che mi hanno fatto decidere seriamente che
era arrivata l'ora di intervenire piuttosto che abbandonarmi alla paura
degli aghi nel corpo (non avere fame, ma vi rendete conto dell'assurdità
dell'affermazione sulla mia persona?).
Poteva andare tutto diversamente se avessi subito contattato il gruppo delle
terapie familiari, sarebbe potuto andare diversamente se i problemi
personali non mi avessero devastato la mente, sarebbe potuto andare
diversamente se solo la Vita avesse deciso altrimenti, nel bene come nel
male.
Un profondo grazie, in ogni caso, ai medici e agli infermieri che si sono
presi cura di me in quei 17 giorni passati in ospedale, le vacanze natalizie
passate nel nosocomio a veder sorgere e tramontare il sole dalla finestra e a
vedere in tv trasmissioni di cucina :-) ritrovamenti e restauri di oggetti
vari e di automobili e di immaginare di essere in Canada a costruirsi la
casa in legno.
Una cosa ironica però c'è stata, tutti gli amici ed i parenti che mi
minacciavano di morte se non fossi uscito vivo dall'ospedale, lasciandomi
immaginare le pratiche torturatorie a cui sarei stato sottoposto.
Mi chiedo, perché lottare per la vita se poi sai che tornerai a casa per
ricevere le attenzioni di questa masnada di assassini? :-)
Ancora non l'ho capito :-)
Poco prima del mio cinquantaduesimo genetliaco, avevo confidato a dei cari
amici la volontà di comprarmi una nuova stampante 3D grazie ad una
superpromozione che stavano facendo, acquisto che comunque non ero in grado
di affrontare vista la mancanza cronica di vil denari.
Un pensiero o un desiderio raccontato ad alta voce a quei quattro gatti che
ancora mi sono amici, nulla più.
Immaginatevi la mia sorpresa nel tornare a casa in un freddo 30 dicembre
(si, almeno il capodanno me lo hanno concesso a casa, sempre positivo senza
più nulla, ma a casa) e trovare all'ingresso una bella scatola con su
scritto Ender-3, la stampante che avevo desiderato.
L'amicizia non si misura in denaro o in regali, in realtà non so come si
misuri, ma avere degli amici che si fanno promotori di un tuo desiderio e ti
aiutano ad esaudirlo, la ritengo una cosa bella, molto bella (quasi
commovente nel mio stato d'animo).
Prima di partire con la costruzione, ho aspettato un po' di giorni per
riadattarmi alla vita casalinga, con l'unica clausola che mio figlio mi
aiutasse nel montaggio.
Quelle che seguono sono alcune istantanee scattate durante quella bella
giornata, soprattutto per averla passata insieme al primogenito a fare cose
che ci piace fare :-)










Una volta montata e collaudata al volo, si passa al posizionamento nello
sgabuzzino ed alla stampa disordinata di tutto quello che ti veniva in
mente, parti per migliorare la stampante e parti per il mio amato Commodore
64.
Immancabile il caffè di rito ed improbabile lo spazio vuoto sul piano di
lavoro alla destra, non succede quasi mai.






Il covid e la stampante sono giunti in un periodo dove il lavoro agile (smart
working in anglosassone) era la normalità per il mio fornitore di stipendio
mensile: come non
lavorare con la stampante 3D in funzione a farti compagnia?

Credeteci, sempre, anche quando tutto sembra esservi contro.
Credeteci, sempre.
P.S. un grazie dal profondo del cuore a, in rigoroso ordine alfabetico, Dario, Fabrizio, Marco, Paolo e Stefano.